Della 11° Domenica del Tempo Ordinario.
Della Santissima Trinità.
Prima lettura.
Prima che la terra fosse,
già la Sapienza era generata.
Dal libro dei Proverbi (8,22-31)
Così parla la Sapienza di Dio: «Il Signore
mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata, fin
dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io
fui generata, quando ancora non vi
erano le sorgenti cariche d’acqua; prima
che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra
e i campi né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero
i confini, quando disponeva le fondamenta
della terra, io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo
davanti a lui in ogni istante, giocavo sul
globo terrestre, ponendo le mie delizie
tra i figli dell’uomo».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale dal Sal 8
Ripetiamo. O Signore, quanto è mirabile
il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue
dita, la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo perché te ne curi? R.
Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue
mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi. R.
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari. R.
Seconda Lettura
Andiamo a Dio per mezzo di Cristo,
nella carità diffusa in noi dallo Spirito.
Dalla lettera di san
Paolo apostolo ai Romani (5,1-5)
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo
in pace con Dio per mezzo del Signore
nostro Gesù Cristo.
Per mezzo di lui abbiamo anche,
mediante la fede, l’accesso a questa
grazia nella quale ci troviamo e ci
vantiamo, saldi nella speranza
della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle
tribolazioni, sapendo che la tribolazione
produce pazienza, la pazienza una virtù
provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché
l’amore di Dio è stato riversato nei
nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Gloria al Padre e al Figlio e allo
Spirito Santo, a Dio, che è, che
era e che viene. (Cf. Ap 1,8)
Alleluia, alleluia.
Vangelo
Tutto quello che il Padre possiede,
è mio; lo Spirito prenderà del
mio e ve lo annuncerà.
Dal Vangelo secondo
Giovanni (16,12-15) anno C.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi
discepoli: «Molte cose ho ancora da
dirvi, ma per il momento non siete
capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità,
vi guiderà a tutta la verità, perché non
parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che
avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da
quel che è mio e ve lo annuncerà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio;
per questo ho detto che prenderà da quel
che è mio e ve lo annuncerà».
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Facciamo
fatica a capire chi siamo noi,
cos’è
la vita, come funziona il mondo;
perché
mai dovremmo sforzarci di
capire
anche chi è Dio (se c’è?).
Peggio;
per quale sadica ragione
dovremmo
sforzarci di capire la
stravagante
idea della Chiesa di
credere
in un Dio che, pur essendo
uno,
è anche Trino?
Insomma,
amici; penso che nella vita
dobbiamo
affrontare temi ben più seri
che
non seguire complicati ragionamenti
teologici
che usano parole usurate e
incomprensibili
come persona, generato
e
non creato, sostanza, siamo onesti;
il
rischio è davvero di farci travolgere
da
un’inutile e noioso esercizio
di
retorica clericale.
Eppure.
Mi
sono convinto che tutti noi portiamo
nel
cuore un’immagine di Dio.
Non
sempre bella, sinceramente;
un’idea
spontanea, inconscia, culturale,
legata
alla nostra educazione e nutrita da
qualche
distratto ascolto di predica
o
di catechismo.
Insomma;
Dio c’è, certo, ma è
incomprensibile,
lunatico, inaccessibile.
Ti
ama, si dice, ma poi incontro Marta
che
tre giorni prima di sposarsi ha
scoperto
di avere un tumore in fase
avanzata
a trentasei anni.
È
onnipotente, ma non difende il
bambino
venduto per prostituirsi.
C’è,
opera, ovvio.
Ma
non fa quasi mai il mio bene.
Meglio
blandirlo Dio, non si sa mai.
Meglio
trattarlo bene, sperando che non
ti
capiti una disgrazia.
L’idea
di Dio che portiamo nel cuore,
siamo
onesti, è mediamente orribile.
Finchè.
Finchè
è arrivato un profeta potente in
parole
e opere, uno che non aveva studiato
da
prete, neanche tanto devoto, uno
che-ormai
adulto-si è messo a fare il
Rabbì,
un certo Gesù, falegname
in
Nazareth.
Tre
anni di vita intensi e folli, di segni
e
di passione, di fatica e di dono.
Tre
anni di stupore crescente per le sue
parole,
per la sua autenticità, per il suo
amore
divorante come un fuoco.
Tre
anni di dono di sé e di predicazione.
Poi
Rabbì Jeoshua è morto, ettepareva.
Finiscono
tutti così gli illusi, no?
Da
Gandhi a Pino Puglisi, chi contraddice
il
sistema, anche quello religioso,
è
spazzato via.
Ma
alcuni dei suoi professano che egli è
risorto,
che non è morto, che è accessibile.
Che
non soltanto ci ha parlato di Dio in
maniera
nuova e potente.
Egli
era Dio stesso.
E
ci ha raccontato qualcosa di folle.
Gesù
ci svela che Dio è Trinità,
cioé
comunione.
Ci
dice che se noi vediamo ‘da fuori’ che
Dio
è unico, in realtà questa unità è frutto
della
comunione del Padre col Figlio
nello
Spirito Santo.
Talmente
uniti da essere uno, talmente
orientati
l’uno verso l’altro da essere
totalmente
uniti.
Dio
non è solitudine, immutabile e
asettica
perfezione, ma è comunione,
festa,
famiglia, amore, tensione
dell’uno
verso l’altro.
Solo
Gesù poteva farci accedere alla
stanza
interiore di Dio, solo Gesù
poteva
svelarci l’intima gioia, l’intimo
tormento
di Dio; la comunione.
Una
comunione piena, un dialogo talmente
armonico,
un dono di sé talmente realizzato,
che
noi, da fuori, vediamo un Dio unico.
Dio
è Trinità, relazione, danza, festa,
armonia,
passione, dono, cuore.
E
a me?
Se
Dio è comunione, in Lui siamo
battezzati
e a sua immagine siamo stati
creati;
questa comunione ci abita e a
immagine
di questa immagine siamo
stati
creati.
La
bella parabola della Genesi ci ricorda
di
come Dio si sia guardato allo specchio,
sorridendo,
per progettare l’uomo.
Ma,
se questo è vero, le conseguenze
sono
enormi.
La
solitudine ci é insopportabile perché
inconcepibile
in una logica di comunione,
perché
siamo creati a immagine della danza.
Se
giochiamo la nostra vita da solitari
non
riusciremo mai a trovare la luce
interiore
perché ci allontaniamo dal progetto.
Gesù
ci dice: “Siate perfetti nell’unità”.
E
se anche fare comunione è difficile,
ci
è indispensabile, vitale, e più puntiamo
alla
comunione e più realizziamo la nostra
storia,
più ci mettiamo alla scuola di
comunione
di Dio, più ci realizzeremo.
La
Chiesa, va costruita a immagine
della
Trinità.
La
nostra comunità prende ispirazione
da
Dio-Trinità, guarda a Lui per intessere
rapporti,
per rispettare le diversità, per
superare
le difficoltà.
Guardando
al nostro modo di essere,
di
relazionarci, di rispettarci, di essere
autentici,
chi ci sta intorno capirà chi
è
Dio e per noi l’idea di un Dio che
è
Trinità diventerà luce.
Questo è il Dio che Gesù è venuto
a raccontare.
Volete ancora tenervi il vostro vecchio Dio?
Io no, amici, Santa Festa della Trinità, Fausto
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