Della 20° Domenica del Tempo Ordinario.
Santa Chiara da Montefalco (PG), vergine.
Prima Lettura.
Mi hai partorito uomo di contesa
per tutto il paese (Ger 15,10).
Dal libro del profeta
Geremìa (38,4-6.8-10)
In quei giorni, i capi dissero al re: «Si
metta a morte Geremìa, appunto perché
egli scoraggia i guerrieri che sono
rimasti in questa città e scoraggia tutto
il popolo dicendo loro simili parole,
poiché quest’uomo non cerca il
benessere del popolo, ma il male».
Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle
vostre mani; il re infatti non ha poteri
contro di voi».
Essi allora presero Geremìa e lo gettarono
nella cisterna di Malchìa, un figlio del re,
la quale si trovava nell’atrio della prigione.
Calarono Geremìa con corde.
Nella cisterna non c’era acqua ma fango,
e così Geremìa affondò nel fango.
Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al
re: «O re, mio signore, quegli uomini
hanno agito male facendo quanto hanno
fatto al profeta Geremìa, gettandolo
nella cisterna.
Egli morirà di fame là dentro, perché
non c’è più pane nella città».
Allora il re diede quest’ordine a
Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te
tre uomini di qui e tira su il profeta
Geremìa dalla cisterna prima che muoia».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale dal Sal 39 (40)
Ripetiamo. Signore, vieni
presto in mio aiuto.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido. R.
Mi ha tratto da un pozzo di acque
tumultuose, dal fango della palude;
ha stabilito i miei piedi sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi. R.
Mi ha messo sulla bocca un canto
nuovo, una lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore. R.
Ma io sono povero e bisognoso:
di me ha cura il Signore.
Tu sei mio aiuto e mio liberatore:
mio Dio, non tardare. R.
Seconda Lettura
Corriamo con perseveranza
nella corsa che ci sta davanti.
Dalla lettera agli Ebrei (12,1-4)
Fratelli, anche noi, circondati da tale
moltitudine di testimoni, avendo
deposto tutto ciò che è di peso e il
peccato che ci assedia, corriamo con
perseveranza nella corsa che ci sta
davanti, tenendo fisso lo sguardo su
Gesù, colui che dà origine alla fede
e la porta a compimento.
Egli, di fronte alla gioia che gli era
posta dinanzi, si sottopose alla croce,
disprezzando il disonore, e siede alla
destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha
sopportato contro di sé una così grande
ostilità dei peccatori, perché non vi
stanchiate perdendovi d'animo.
Non avete ancora resistito fino al
sangue nella lotta contro il peccato.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore e le mie pecore
conoscono me. (Gv 10,14)
Alleluia, alleluia.
Vangelo
Non sono venuto a portare pace
sulla terra, ma divisione.
Dal Vangelo secondo
Luca (12,49-53) anno C.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi
discepoli: «Sono venuto a gettare
fuoco sulla terra, e quanto vorrei
che fosse già acceso!
Ho un battesimo nel quale sarò
battezzato, e come sono angosciato
finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare
pace sulla terra?
No, io vi dico, ma divisione.
D’ora innanzi, se in una famiglia vi
sono cinque persone, saranno divisi
tre contro due e due contro tre; si
divideranno padre contro figlio
e figlio contro padre, madre contro
figlia e figlia contro madre, suocera
contro nuora e nuora contro suocera».
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
L’estate
inizia il suo lento declino,
le
vacanze, per la minoranza che ha
potuto
goderne, sono ormai agli sgoccioli.
Vediamo
all’orizzonte la ripresa della
scuola
e delle attività, portando nel
cuore
la certezza di essere amati, di
essere
nel cuore di Dio, noi piccolo gregge.
Essere
credenti non è facile.
Credere
è affidarsi, fidarsi, accogliere la
Parola
su Dio che Gesù è venuto a
pronunciare,
superare le mille
contraddizioni
presenti nei nostri cuori,
affrontare
le difficoltà della vita tenendo
la
luce della speranza accesa nei cuori,
leggere
alla luce del Vangelo le
incoerenze
che troviamo nella nostra
vita
e nella vita della comunità cristiana.
Credere
è una lotta, un combattimento
spirituale.
Molti
pensano alla fede come ad una
certezza
acquisita, un’assicurazione sulla
vita,
una semplificazione delle questioni.
Credere,
invece, è per sempre imparare,
per
sempre diventare cercatori, per
sempre
orientati e inquieti, rivolti alla
totalità
che ci sfugge, pur possedendola.
Credere
è una lotta.
La
Parola di oggi, tanto per darci una
scrollata,
approfondisce questo tema;
l’annuncio
del Vangelo è segno di
contraddizione,
il mondo, così amato dal
Padre
da dare il Figlio, vive con fastidio
l’ingerenza
divina e preferisce le
tenebre
alla luce.
Stento
a scrivere queste parole, memore
come
sono dell’incontro con troppi
sé-dicenti
credenti, anche fra gli
uomini
di Chiesa, all’apparenza fieri
propugnatori
di valori cristiani, in realtà
persone
irrigidite nei propri schemi.
Non
voglio né posso, se fedele al Vangelo,
immaginare
la realtà divisa in due parti;
i
buoni, noi, il grano, il piccolo resto,
e
i cattivi, gli altri, laicisti, anticlericali,
ostinati
nell’errore.
Noi
discepoli siamo impastati di mondo,
fatti
con la stessa terra.
Portiamo
nel cuore le stesse contraddizioni
e
le stesse paure di tutti ma siamo stati
incontrati
dalla luce.
Questa
scoperta ci allarga il cuore,
ci
mette in una condizione nuova,
diventiamo
capaci di amare.
E
nell’amore si gioca il confronto col
mondo,
non nella sfida.
Se
annunciamo il Vangelo e siamo
derisi
soffriamo per l’altro, non per
il
nostro amor proprio ferito!
Geremia,
profeta inquieto e sfortunato,
ci
è presentato come modello, come uno
di
quegli uomini da imitare, come ci
suggerisce
la lettera agli Ebrei.
Me
infelice!
Nato
vicino a Gerusalemme, appassionato
di
Dio e del suo popolo, Geremia passerà
la
sua vita a convincere il re di Giuda e la
popolazione
di Gerusalemme a non opporsi
alla
nascente potenza di Babilonia.
Certi
della propria diplomazia e
dell’appoggio
dell’Assiria e dell’Egitto,
i
giudei considerano le profezie di
Geremia
come iattura e lo perseguitano.
Il
brano di oggi ci racconta di Geremia
gettato
nella cisterna a morire nel fango
e
poi salvato in extremis.
Soffre
duramente di questa situazione,
l’inquieto
profeta, che vorrebbe
annunciare
pace e deve redarguire,
che
vorrebbe profetare il bene e vede
la
tragedia avvicinarsi.
Purtroppo
le previsioni di Geremia si
avvereranno;
Gerusalemme cadrà sotto
il
re Nabucodonosor e oltre ottomila
capifamiglia
verranno deportati
in
Babilonia.
Essere
discepoli porta ad amare
teneramente
le persone destinatarie
dell’annuncio,
essere discepoli significa
cercare
in sé la verità per poi offrirla
agli
altri, essere discepoli significa non
essere
capiti proprio dalle persone che ami.
Gesù
lo dice, parlando di sé, immaginando
l’evoluzione
che avrà il suo messaggio.
Dopo
la caduta di Gerusalemme ad opera
dei
romani e la rovinosa distruzione del
Tempio,
i seguaci del Nazareno saranno
scomunicati
dai rabbini e questo
provocherà
una frattura dolorosissima
ed
insanabile all’interno della neonata
comunità
cristiana.
Ancora
oggi molti sperimentano la
contraddizione
di scoprire in Cristo una
nuova
famiglia, nuove e durature
relazioni
con fratelli credenti e, nel
contempo,
un impoverimento di
relazione
e una crescente
incomprensione
con i famigliari di sangue.
Ho
visto genitori scagliarsi con ferocia
contro
le scelte radicali dei propri figli
che
decidevano di consacrare la propria
vita
al Regno.
Ma,
senza arrivare a questi eccessi, credo
che
anche a voi, amici, sia successo di
vedere
cambiare atteggiamento nei vostri
confronti
in ufficio, a scuola o sul lavoro,
proprio
a causa della vostra scelta evangelica.
Se
davvero siamo discepoli mettiamo in
conto
qualche contrasto, qualche fatica di
troppo;
nessuno di noi è più grande del
Maestro,
se hanno perseguitato Lui
perseguiteranno
anche noi.
Cristo
è fuoco, amici.
Fuoco
che brucia, che divampa, che
illumina,
che riscalda, che consuma.
Cristo
è fuoco e traspare dalla nostra vita.
Se
è dal fuoco che si misura il discepolato,
i
pompieri della fede possono stare tranquilli.
Vi
brucia dentro Cristo?
Vi
brucia da non poter fare a meno
di
pensare a Lui?
Vi
è successo di desiderare profondamente
di
raccontarlo (senza fanatismi o
semplificazioni)
a chi vi sta accanto?
Vi
è successo di difenderlo in
una
discussione?
E
di essere presi in giro per le
vostre
convinzioni, come è successo a me
per
quello che scrivi? No? Brutto segno;
o
vivete in un monastero o proprio non
si
vede che siete cristiani.
Quando
sant’Ignazio, fondatore dei
Gesuiti,
uomo di Dio, innamorato di Dio
inviò
i suoi dodici compagni ad annunciare
il
Vangelo fino agli estremi confini del
mondo
allora conosciuti, disse, il giorno
della
loro partenza: “Andate,
e
incendiate il mondo”.
Incendiari sì, ma d’amore, amici,
buona Domenica Fausto.
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