sabato 21 giugno 2025

Il Vangelo di Domenica 22 Giugno 2025

 

Della 12° settimana del Tempo Ordinario.

Santissimo Corpo e sangue di Cristo.

Corpus Domini.

Prima lettura.

Offrì pane e vino.

Dal libro della Gènesi (14,18-20)

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem,

offrì pane e vino: era sacerdote del Dio

altissimo e benedisse Abram con queste

parole: «Sia benedetto Abram dal Dio

altissimo, creatore del cielo e della terra,

e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha

messo in mano i tuoi nemici».

E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 109 (110)

Ripetiamo. Tu sei sacerdote per

sempre, Cristo Signore.

 

Oracolo del Signore al mio signore:

«Siedi alla mia destra

finché io ponga i tuoi nemici

a sgabello dei tuoi piedi». R.

 

Lo scettro del tuo potere

stende il Signore da Sion:

domina in mezzo ai tuoi nemici! R.

 

A te il principato

nel giorno della tua potenza

tra santi splendori;

dal seno dell'aurora,

come rugiada, io ti ho generato. R.

 

Il Signore ha giurato e non si pente:

«Tu sei sacerdote per sempre

al modo di Melchìsedek». R.

 

Seconda Lettura

Ogni volta infatti che mangiate questo

pane e bevete al calice, voi annunciate

la morte del Signore.

Dalla prima lettera di san Paolo

apostolo ai Corìnzi (11,23-26)

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello

che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore

Gesù, nella notte in cui veniva tradito,

prese del pane e, dopo aver reso grazie,

lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo,

che è per voi; fate questo in memoria di me».

Allo stesso modo, dopo aver cenato,

prese anche il calice, dicendo: «Questo

calice è la Nuova Alleanza nel mio

sangue; fate questo, ogni volta che

ne bevete, in memoria di me».

Ogni volta infatti che mangiate questo

pane e bevete al calice, voi annunciate

la morte del Signore, finché egli venga.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Io sono il pane vivo, disceso dal

cielo, dice il Signore.

Se uno mangia di questo pane

vivrà in eterno. (Gv 6,51)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Tutti mangiarono a sazietà.

Dal Vangelo secondo

Luca (9,11b-17) anno C.

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle

folle del regno di Dio e a guarire quanti

avevano bisogno di cure.

Il giorno cominciava a declinare e i

Dodici gli si avvicinarono dicendo:

«Congeda la folla perché vada nei

villaggi e nelle campagne dei dintorni,

per alloggiare e trovare cibo: qui siamo

in una zona deserta».

Gesù disse loro: «Voi stessi date loro

da mangiare».

Ma essi risposero: «Non abbiamo che

cinque pani e due pesci, a meno che

non andiamo noi a comprare viveri

per tutta questa gente».

C’erano infatti circa cinquemila uomini.

Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere

a gruppi di cinquanta circa».

Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.

Egli prese i cinque pani e i due pesci,

alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi

la benedizione, li spezzò e li dava ai

discepoli perché li distribuissero alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà e furono portati

via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Parola del Signore.

Riflessione personale sul Vangelo di oggi.

Fa strano pensare di celebrare una Messa

per riflettere sulla Messa, buffo che ogni

anno dobbiamo, proprio durante la Cena,

fermarci a riflettere sul senso ultimo e

profondo di ciò che stiamo facendo.

Se ciò accade è per cercare di arginare

l’abitudine, per smuovere e risvegliare

le nostre stanche e assonnate comunità,

per chiederci-infine-cosa ne abbiamo fatto

del dono del Risorto ai credenti, l’Eucarestia.

Bene o male la partecipazione alla Messa

domenicale segna l’argine fra ‘praticanti’

e no, fra chi crede e chi, credendo, si

raduna in obbedienza al Signore.

Ma la Messa domenicale rischia, ahimè,

di restare l’unico, fragile segno di

appartenenza, un obbligo da assolvere,

una scipita appartenenza che non

converte il nostro cuore.

Quando sento per telefono qualche

sacerdote amico. le tre domande

d’obbligo sono; quante parrocchie hai?

Quanti abitanti ci sono?

Che percentuale di partecipazione

alla Messa festiva?

E se anche avessimo il 100% della

popolazione che partecipa alla Messa?

Ciò significa che il Regno di Dio avanza?

Non mi importa quanta gente partecipa

alla Messa.

Mi importa di più quanti escono

convertiti e consolati, prete in testa.

Abramo è uscito da Ur dei Caldei.

Lo ha fatto per ascoltare un’intuizione,

una voce interiore che gli ha detto

leck leckà, sbrigativamente tradotto

con ‘esci dalla tua terra’ ma che, in

realtà, significa ‘vai a te stesso’ o ‘và;

ti conviene’.

Tutti lo prendono per pazzo; suo padre

Terach, secondo la tradizione rabbinica

costruttore di idoli, i suoi concittadini.

Abramo è nel pieno della vita, nell’età

in cui si raccolgono i frutti, perché

inoltrarsi verso l’ignoto?

E invece parte, esce, se ne va, lascia

tutto per cercare Tutto.

Non lo sa ancora, ma questo gesto

gli farà incontrare Dio.

Questo gesto lo farà diventare padre

di una moltitudine: i cercatori di Dio.

Nel suo difficile percorso Abramo ha

lasciato a suo nipote Lot le terre migliori,

ha affrontato l’ostilità dei re del luogo e,

infine, incrocia Melchisedek che offre

per lui un sacrificio e lo benedice.

Melchisedek è re di Salem, re della futura

Gerusalemme, re di shalom, di pace, come

interpreta la lettera agli Ebrei (Eb 6, 20).

I Padri cristiani hanno visto in lui una

prefigurazione di Cristo, in quel pane

offerto l’immagine dell’eucarestia,

il pane del cammino.

Nel percorso interiore anche noi, come

Abramo, come Elia (1 Re 19, 5-6),

incontriamo un pane del cammino che

ci accompagna alla scoperta del vero

volto di Dio alla cui luce scopriamo il

nostro vero volto.

Paolo scrive una delle sue lettere alla

comunità di Corinto, città cosmopolita

in cui ha annunciato il Vangelo.

Non sono ancora passati vent’anni dalla

resurrezione di Gesù e Paolo raccomanda

alla comunità di andare all’essenziale,

di distinguere bene le cose importanti

dalle cose accessorie.

Paolo ripete ai Corinzi, con precisione,

le parole del Maestro, il gesto che egli

ha compiuto durante quell’ultima,

tragica Pasqua. Paolo ha ricevuto il

dono dell’eucarestia e chiede alle sue

comunità di ripetere la Cena del Signore,

in obbedienza, in attesa che il

Signore Gesù venga.

Il fatto che ogni Domenica milioni di

comunità cristiane, dal caos delle grandi

città europee alle sperdute missioni

africane o asiatiche, si radunino per

ascoltare la Parola e per ripetere la

Cena è, in fondo, una questione

di obbedienza.

Noi facciamo la Cena in sua memoria,

perché Egli sia presente, perché riviviamo

la sua passione, morte e resurrezione e,

da quell’incontro, possiamo camminare

durante la settimana.

Gesù, nel momento più difficile della sua

vita, nel momento dell’abbandono e

dell’incomprensione, compie un gesto

definitivo; si dona, si consegna, non

offre pane e vino, come Melchisedek,

ma la sua stessa vita sull’altare della croce.

La Cena pasquale che egli celebra

nell’indifferenza e nella distonia totale

con gli apostoli ci dona la misura della

solitudine e dell’amore di Dio.

Quel gesto, gesto d’amore assoluto,

è celebrato e ripetuto ogni volta che

una comunità di credenti si raduna

insieme ad un prete.

Ma non può essere un gesto auto-celebrativo,

un gesto isolato, un gesto neutro.

O l’Eucarestia contagia la nostra vita,

la riempie, la modella, la plasma, la

informa o resta sterile, morta, inutile.

La Messa inizia proprio nel momento

in cui usciamo dalla porta della Chiesa.

E dura un’intera settimana.

Quel pane ricevuto ci aiuta a sfamare la

folla, ad accorgerci della fame insaziata

di chi incontreremo durante la settimana

e a mettere a disposizione quel poco che

siamo per sfamare ogni uomo, nel

corpo e nell’anima.

L’Eucarestia, il pane di Dio, il pane del

cammino, è il dono prezioso che ci fa

diventare credenti, che ci sostiene e

costruisce comunità.

Questo è l’essenziale.

Il resto; chi celebra, come, quando,

chi anima, chi legge, chi canta e cosa,

è tutto dopo, per cortesia.

Noi che siamo chiamati a diventare

trasparenza, a lasciare che sia la Parola

a fluire nelle nostre (brevi) riflessioni

(Quanta poca Parola nelle nostre parole!),

che siano Eucarestie, cioè ringraziamenti,

non luoghi da cui bacchettare le persone

o occasioni per far sfoggio della nostra

pirotecnica cultura teologica.

Ai discepoli, a coloro che amano il

Signore, auguro che l’Eucarestia torni ad

essere ciò che è; incontro col Risorto,

Pane del cammino, farmaco e consolazione,

luogo di accoglienza e di conversione,

di fraternità e di perdono.

Buona Domenica del

Corpus Domini, amici, Fausto.

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